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12 giugno 2019
"Diamo scacco al dolore", il convegno di Cancro Primo Aiuto svoltosi a Villa Walter Fontana
Col dolore, prima o poi, tutti abbiamo a che fare. A volte anche in maniera grave perché può diventare causa di inabilità sia dal punto di vista fisico sia emotivo e mina seriamente la qualità della vita. Di questo tema e di come si può curare si è parlato ieri sera, 11 giugno, presso Villa Walter Fontana a Capriano di Briosco (MB) con il convegno “Diamo scacco al dolore” organizzato da Cancro Primo Aiuto e dal poliambulatorio Medica Etica. Tre gli interventi che si sono susseguiti: Fabio Rubino, direttore cure palliative e terapia antalgica presso l’ASST Valtellina e Alto Lario, ha trattato dell’epidemiologia del dolore cronico e, in particolare, delle terapie invasive e della radiofrequenza pulsata; Annamaria Colombo, medico anestesista, ha affrontato alcuni temi come la misurazione del dolore cronico e di quale farmacologia usare nel suo trattamento, in particolare della cannabis; infine, la psiconcologa Deborah Maradini ha presentato un caso clinico per spiegare il ruolo della psiche nel dolore cronico.
«Il dolore cronico colpisce praticamente tutti – ha ricordato Alessandro Rossi, presidente del Comitato tecnico-scientifico di Cancro Primo Aiuto aprendo l’incontro – soprattutto da una certa età in poi. Per questo è opportuno affrontarlo in modo adeguato come ci proponiamo di fare questa sera». Il dolore, è stato spiegato, soprattutto quello cronico, ha un impatto devastante. Infatti, determina gravi effetti negativi sulla qualità della vita di milioni di persone che ne soffrono, nonché su quella dei loro familiari. «Gli effetti sono molteplici e a volte pesanti – ha ricordato Rubino – Dai disturbi del sonno alla depressione, dalla compromissione dei rapporti familiari alla disabilità e all’assenza dal lavoro. Con importanti effetti economici e sociali». Ecco perché è importante intervenire «visto che il 41% dei pazienti con dolore cronico dichiara di non aver ricevuto un adeguato controllo del dolore». Con terapie fisioterapiche, attraverso infiltrazioni, le radiofrequenze… a seconda della localizzazione e le possibili cause del dolore. E poi, naturalmente, attraverso i farmaci. «Ci sono i cosiddetti Fans, i farmaci antinfiammatori non steroidei, come l’ibuprofene o il nimesulide – ha spiegato la dottoressa Colombo - che però hanno diversi effetti collaterali a livello gastrointestinale, renale e cardiaco, e poi ci sono gli oppiacei che costituiscono l’arma più potente e più efficace per il trattamento del dolore». Perché sono poco utilizzati rispetto ai Fans? «Perché c’è poca informazione, anche tra gli stessi operatori, e si ha la paura di diventare dipendenti».
Infine, si è parlato delle complicanze del dolore sull’aspetto psicologico perché è stato stimato che almeno il 22% della popolazione colpita da dolore cronico soffre di depressione e ansia a causa delle limitazioni provocate dalla quotidiana sofferenza. Cosa può fare lo psicologo? «Innanzitutto riconoscere il dolore e dargli un senso – ha detto Maradini - favorendo la verbalizzazione, aumentando la soglia di tolleranza, ascoltando attivamente senza pensare di dover dare soluzioni immediate e senza mai banalizzare o sdrammatizzare prematuramente la preoccupazione legata al dolore. E mettere in atto una serie di interventi la cui finalità non è l’eliminazione del dolore, ma fare in modo che il paziente possa disporre delle necessarie abilità per fronteggiarlo con maggiore efficacia».
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